Progetto PRIN
Responsabile Scientifico Locale: Alessio Zaccaria
Come visto nella “base di partenza scientifica”, la disciplina delle garanzie nella compravendita propria dell’ordinamento italiano appare oggi caratterizzata da una preoccupante frantumazione, dipendendo dalla diversa natura dei beni oggetto del contratto e dalla diversa qualità soggettiva dei contraenti.
Basti solo pensare che, mentre tutte le vendite immobiliari continuano a ricadere sotto le norme contenute nel codice civile, le vendite di beni mobili di consumo concluse tra professionisti e consumatori sono regolate dalla disciplina comunitaria, salvo ritornare sotto la disciplina codicistica ove concluse tra soli imprenditori oppure tra soli consumatori. A tutto ciò si aggiunga che le vendite internazionali di merci tra imprenditori sono assoggettate alla disciplina uniforme dettata dalla Convenzione di Vienna del 1980.
In un ordinamento che, come il nostro, già conosceva regimi differenziati della garanzia per vizi – si pensi alle diversità tra le normative che regolano, per esempio, la vendita di eredità, d’azienda, di crediti, di posizioni contrattuali, e via dicendo –, le recenti scelte compiute dal legislatore in sede di recepimento della Direttiva 1999/44/CE hannocondotto ad un disordine sistematico di portata tale da dubitare che, almeno in questo settore, sia possibile ancora rinvenire una qualche traccia dei modelli di razionalità e coerenza ai quali ogni sistema normativo moderno dovrebbe essere improntatoLa scelta della disciplina applicabile sembra spesso guidata più che altro dalla casualità: tanto accade, per esempio, quando si assoggettano lo stesso consumatore e lo stesso imprenditore a due differenti discipline a seconda che contrattino beni mobili o beni di diversa natura, così come quando si assoggettano le vendite di beni mobili tra imprenditori alle disposizioni generali del codice civile nei casi di vendite interne e, invece, quando si tratti di vendite internazionali, a quelle della Convenzione di Vienna, alla quale, come noto, la Direttiva 1999/44/CE si è fortemente ispirata.
La presente Unità di ricerca si propone di verificare quale possa essere il metodo migliore per rimediare a questa situazione.
A questo riguardo, appaiono astrattamente percorribili, in alternativa o anche cumulativamente, due strade.
La prima è quella che può risolversi nella sollecitazione, attraverso la predisposizione di un apposito progetto di legge, di un nuovo intervento legislativo, più ampio ed organico rispetto a quelli già posti in essere. Occorrerebbe operare, innanzi tutto, sul codice civile. In tal modo, infatti, si potrebbe: recuperare la centralità del codice nell’attuale panorama legislativo; ovviare alla mancanza di trasparenza delle leggi speciali, che rende difficoltosa per l’operatore giuridico la ricerca delle norme effettivamente da applicare nel caso concreto;migliorare la “qualità” del nostro ordinamento in senso ampio, promuovendo la realizzazione, già a livello legislativo, di quel coordinamento che l’emanazione di leggi speciali rende sempre necessario, e che è rimasto sino ad oggi affidato alla dottrina e alla giurisprudenza.
La seconda strada precede, per così dire, la prima, risolvendosi nel contributo a quel processo di interpretazione dottrinale e giurisprudenziale di cui si è appena detto. Si potrà procedere, allora, muovendo dai risultati già conseguiti, con riguardo, innanzi tutto, alla possibilità di assoggettare i vari tipi di anomalie materiali della cosa ad un regime unitario, ossia quello della garanzia. In una prospettiva di questo genere, anche in relazione alle vendite diverse da quelle regolate dalla novella, si potrebbe riconoscere un regime omogeneo di responsabilità del venditore per tutti i vizi e difetti anteriori alla vendita, ferma l’ordinaria responsabilità per inadempimento per i difetti sopravvenuti. Per quanto attiene, poi, all’apparato rimediale, si potrebbe avere di mira la possibilità di giungere a riconoscere al compratore la pretesa alla riparazione e alla sostituzione del bene difettoso. In tal modo, verrebbe a comporsi un quadro più armonico di quello attuale, caratterizzato da una sostanziale omogeneità di disciplina tra le vendite di beni di consumo e le altre vendite “commerciali”, non soltanto sotto il profilo dell’ampiezza della responsabilità del venditore in relazione alle varie specie di vizi e difetti (soprattutto in relazione a quelli anteriori alla vendita) e del regime della responsabilità del venditore, ma anche sotto il profilo dell’apparato rimediale a disposizione del compratore. Rimarrebbero ancora, comunque, svariate incongruenze tra le due discipline, segnate soprattutto dalla diversa lunghezza dei termini di prescrizione e di decadenza per l’esercizio dei rimedi e dall’applicabilità alle sole vendite di beni di consumo dell’azione di regresso di cui all’art. 131 cod. cons. La necessità di un approfondimento anche in quest’ultima direzione risulta quindi evidente.
I risultati della ricerca verranno resi noti attraverso pubblicazioni di varia natura (reports, articoli su periodici, monografie e altro) e attraverso conferenze, seminari e convegni, cui parteciperanno esperti italiani e stranieri.